Grecia fuori dall’euro? Gli scenari

L’addio della Grecia all’euro non è più un tabù. La invocano i falchi tedeschi e finlandesi per la (presunta) inaffidabilità del governo ellenico e dietro le quinte  –  visti i continui testacoda della crisi dei debiti sovrani  –  persino la Bce e i governi hanno esaminato in gran segreto il piano B per capire come sarà l’Europa senza Atene. La risposta, a dire il vero, la sanno già tutti.

Il ritorno della Grecia alla dracma sarebbe una vera tragedia per il Partenone, ma anche un salto nel buio per tutto il Vecchio continente e per la moneta unica.

Grecia. L’addio all’euro significa per la Grecia una catastrofe economica ancora peggiore di quella che ha vissuto negli ultimi 4 anni, segnati da un calo del 17,5% del pil e da una disoccupazione schizzata al 23,1% (54,9% per i giovanitra 14 e 25 anni). Il ritorno alla dracma si tradurrebbe in un altro crollo del 20% dell’economia, una svalutazione del 50% della nuova moneta e un’inflazione non troppo lontana dallo stesso livello. L’Europa, per scaricarsi la coscienza, approverebbe una sorta di fondo di solidarietà che servirebbe però a poco. Atene non riuscirebbe ad approfittare più di tanto del deprezzamento della dracma perché la prima industria nazionale (la flotta degli armatori che garantisce il 16% del pil) è in mano a poche famiglie che già ragionano in dollari mentre le imprese manifatturiere si contano sulla punta delle dita. L’unico beneficio sarebbe per il turismo che rappresenta oggi il 12% del pil.
Italia. Il nostro paese pagherebbe un pedaggio salatissimo all’addio della Grecia all’euro. L’Italia, a torto o a ragione, è considerata in cima alla lista delle potenziali vittime della crisi dei debiti sovrani in caso di contagio. Siamo  –  dicono tutti – “troppo grandi per essere salvati”: abbiamo 1.967 miliardi di debito, dobbiamo emettere ogni anno oltre 400 miliardi di titoli di Stato. Gli stranieri hanno già ridotto dal 44% al 30% circa la loro esposizione sui Btp. E se Atene saltasse, liquiderebbero in tempi rapidissimi quelli che gli sono rimasti in portafoglio spedendo al rialzo i rendimenti fino a livelli ingestibili (a meno che la Bce non riesca ad arginare l’attacco della speculazione in tempi brevi). Ogni aumento di un punto percentuale del nostro debito significa 17 miliardi di interessi in più da pagare in tre anni. Cifra difficile da trovare in tempi di vacche grasse, impossibile in caso di crisi.

http://www.repubblica.it/economia/2012/08/19/news/ecco_perch_atene_un_ospite_indesiderato-41159782/?ref=HREC1-6

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