
http://www.dirittiglobali.it/2014/12/prezzo-mercati-alleanze-i-giorni-neri-petrolio-cambiano-mondo/
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Una torta fatta in casa, squisita ma abbondante. O le conserve di pomodoro della nonna, troppe anche quelle. I vestiti usati, naturalmente. Quel regalo di Natale davvero inutile. Tutto si può riciclare, tutto si può rivendere. Meglio: condividere con altri. Non solo per sbarazzarsene. La Share Economy, l’economia della condivisione, ribalta la cultura del consumo. Fin dalla sua concezione, non nasce come un gesto individuale. Ecco la definizione che ne dà il Wall Street Journal: “Mercati di nicchia per tutte quelle cose o servizi che diventano economici se ci mettiamo insieme per usarli”. Perfino i figli; cani e gatti. Davvero: chi ha detto che ci sia un solo modo per essere genitore, o amico degli animali, e cioè a tempo pieno?
La Share Economy ha avuto precursori che oggi assaporano il trionfo meritato dei pionieri. Per esempio Zipcar, la piccola azienda di San Francisco che inventò la condivisione dell’auto elettrica. Ben diversa dal vecchio concetto dell’autonoleggio, puramente mercantile, Zipcar creò uno spirito di comunità fra i suoi seguaci, spesso ambientalisti. Un’idea avanzata grazie alla quale le auto vengono restituite in ottimo stato, curate amorevolmente, pulite a dovere, risparmiando sui costi di manutenzione di Avis o Hertz. Zipcar è stata un tale successo da attirare proprio Avis: se l’è comprata con un assegno da 500 milioni.
Un altro pioniere del settore, Airbnb che inventò lo “scambio del posto-letto”, un vasto mercato online per affittare o più pesso “prestare” il divano-letto di casa al turista di passaggio con budget lowcost. Le disavventure (furti in casa o peggio) sono rimaste rarissime. Risultato: oggi Airbnb secondo le valutazioni del venture capital “pesa” 2,5 miliardi di dollari. ……
http://www.repubblica.it/esteri/2013/01/16/news/share_economy-50630909/?ref=HREC1-4
New York. Nel gergo di Wall Street siamo di fronte ai segni premonitori di una Grande Rotazione. Il neologismo dilaga da qualche giorno sulle colonne del Wall Street Journal, New York Times, Financial Times. La chiamano una svolta, addirittura, “generazionale”. Rotazione dal pessimismo all´ottimismo (per i profani), dai bond alle azioni (per gli investitori). Gli spostamenti di questo inizio 2013 sono ancora embrionali.
Ma hanno già dimensioni considerevoli …
Che cosa c´è dietro questa ventata di fiducia? Tre buone notizie dalle tre maggiori economie del mondo. Negli Usa l´accordo realizzato da Barack Obama con il Congresso, scongiurando il “precipizio fiscale”, equivale nella lettura dei mercati a una manovra di stimolo per la crescita pari a 4.000 miliardi di dollari in dieci anni. É un ragionamento un po´ arzigogolato, visto che quei 4.000 miliardi sono prevalentemente una “mancata stangata” rispetto allo scenario-catastrofe: sta di fatto che gli investitori hanno deciso di vedere il bicchiere mezzo pieno. La seconda economia più grande, la Cina, accelera il suo ritmo di crescita anche grazie alla vigorosa ripresa delle esportazioni. Con grande sorpresa, una buona notizia arriva anche dal numero tre mondiale, il Giappone. Il neoeletto premier Shinzo Abe ha varato a gran velocità una manovra di investimenti pubblici in infrastrutture da 90 miliardi di euro. Ancora più importante è la svolta nella politica monetaria di Tokyo: la banca centrale si prepara a “fabbricare inflazione” fissando un obiettivo di aumento dei prezzi forzato, per stimolare la crescita. La Banca del Giappone unisce così le sue forze alle politiche eterodosse di altre banche centrali, Federal Reserve in testa, che cercano di rianimare la crescita.
La Grande Rotazione che occupa l´attenzione di Wall Street, è la conseguenza di questo ribaltamento di scenario. Con il prevalere dell´ottimismo, molti investitori istituzionali stanno “ruotando” la composizione dei loro portafogli. Alleggeriscono la parte di bond e incrementano la quota in azioni. …
Potrebbe aprirsi in questo inizio 2013 una fase nuova. La fine del Toro per i bond, l´inizio di un lungo periodo di Orso in cui obbligazioni e titoli di Stato perderanno valore. Specularmente, per gli investitori il mercato prediletto diventerebbe quello azionario. Questi fenomeni finanziari, se confermati, sarebbero il riflesso di cambiamenti nell´economia reale. Il partito degli ottimisti infatti vede già profilarsi all´orizzonte di medio termine un periodo di crescita tale che le banche centrali dovranno rialzare i tassi d´interesse …
La buona notizia per l´Europa tutta intera, è che una convergenza di riprese tra Usa, Cina e Giappone finirebbe per trainare anche le esportazioni dal Vecchio continente.
Da un articolo di F.Rampini su Repubblica del 13 gennaio 2013
Avete l’abitudine di spremere il tubetto di dentifricio fino allo spasimo, accartocciandolo sul lavandino del bagno? Vi disturba l’idea di buttar via la confezione di maionese e di ketchup lasciandone così tanto là in fondo? A maggior ragione, non tollerate che il prezioso siero anti-rughe non esca tutto dal suo contenitore? Avete ragione voi, e consolatevi: siete la maggioranza. Una quota crescente dei consumatori sono insofferenti verso un packaging che trattiene sempre qualcosa, ci costringe a buttare nella spazzatura parte del prodotto acquistato.
Una ricerca compiuta dalla società di consulenza Booz & Co.,e pubblicata sul Wall Street Journal, rivela che la bottiglia media di shampoo “trattiene” pervicacemente dall’8% al 10% del suo contenuto. Consumatori meno accorti di voi, o meno testardi, alla fine si arrendono e la buttano via così. Hanno pagato il 100% dello shampoo e ne hanno usato solo il 90%. Ci sono prodotti per i quali il “residuo” è ancora più elevato, si arriva a punte del 25% per certi tipi di tubi usati dall’industria alimentare.
Gli esperti di marketing spiegano che nella lotta quotidiana contro il packaging intervengono diversi fattori psicologici: oltre alla volontà di risparmio e all’avversione contro lo spreco, c’è il gusto di “sentirsi vincitori” contro le grandi marche che stanno cercando di fregarti. Il 97% degli americani intervistati dichiarano che “estrarre tutto il contenuto della confezione” per un prodotto cosmetico o di igiene intima è “molto importante”.
…
L’industria è costretta finalmente ad ascoltarli. Tra le marche citate dal Wall Street Journal perché stanno riprogettando il packaging, figurano in prima fila i grandi nomi della cosmesi di lusso. La Prairie, ad esempio, vende un prodotto contro le rughe attorno agli occhi, dal nome evocativo: Skin Caviar Luxe Eye Lift Cream. Il prezzo effettivamente è da caviale: 310 dollari la confezione. Con un’etichetta a quei livelli, La Prairie si è decisa a fornire un accessorio speciale: una piccola spatola con la quale la cliente può essere certa di grattare via l’ultima oncia dell’unguento miracoloso
http://www.repubblica.it/esteri/2012/12/13/news/confezione_spreco-48638365/?ref=HREC2-1