L’economia dei numeri e quella percepita
Ma alla fine, l’economia italiana nel 2017 è migliorata o no? E i numeri vanno d’accordo con la percezione che ne hanno gli italiani? La contraddizione è riesplosa dopo che l’Istat ha diffuso i numeri più recenti su conti pubblici ed economia: bene il rapporto deficit/pil, inflazione che si risveglia, risparmi che ritornano. Eppure il clima con il quale il Paese sta imboccando l’ultimo miglio della campagna elettorale è ben diverso: crisi, 4 milioni di italiani sulla soglia della povertà, giovani che non hanno un lavoro stabile, pensioni incerte. Insomma, la realtà percepita appare ben diversa. Cerchiamo di mettere a fuoco i numeri che possono tirare un bilancio del 2017.
I conti pubblici migliorano (per la Ue non abbastanza)
L’Istat ha reso noto che il rapporto deficit pil è stato pari al 2,1% nel terzo trimestre dell’anno appena chiuso contro il 2,4% dello stesso periodo del 2016. Si tratterebbe di un sensibile miglioramento dei conti pubblici; se calcolato su base annua il rapporto diventa del 2,3% che secondo l’istituto di statistica è la migliore performance dal 2007 . I dati sul debito pubblico italiano (vale a dire la somma di quanto si è andato accumulando negli anni) sono meno netti. Nel 2017 lo Stato ha dovuto ancora emettere per finanziare il suo funzionamento titoli per poco più di 400 miliardi di euro; secondo il Tesoro questa cifra calerà nel 2018 di circa 20 miliardi. Ma il debito pubblico italiano complessivo italiano fatica a scendere, anzi, nel 2017 ha avuto qualche preoccupante «fiammata» tanto da provocare la chiamata del vicepresidente della UE Katainen: era pari a 2018 miliardi a gennaio, era salito a 2.301 a luglio per poi calare a 2289 a ottobre. E attenzione perché nel 2018 la Bce smetterà progressivamente di acquistare titoli pubblici italiani. La pressione fiscale, infine, è calata a 40,3%, in discesa di pochi decimali.
Su Pil e industria, boom dell’export
Poco prima di Natale il presidente della Bce Mario Draghi ha reso note le cifre sul Pil italiano, che risulta in sensibile crescita: +2,4%; la previsione è che il grafico continuerà a salire anche durante l’anno nuovo raggiungendo il +2,3% . Una forte spinta è venuta dal settore industriale che secondo l’Istat a ottobre stava crescendo a un ritmo del 2,9% annuo. Nicola Nobile economista di Oxford, prevede che a fine anno il dato sarà del 3%, in linea con la velocità di crescita della Francia e superiore a quello della Germania. Non tutta l’economia però è cresciuta; a trarre vantaggio dalla congiuntura sono le imprese votate ai mercati esteri: basti dire che l’export italiano, secondo il rapporto Ice-Prometeia è cresciuto del 7,3% rispetto al 2016 (+25% le vendite sul mercato cinese). Detto questo la ripresa italiana resta complessivamente tra le più deboli dell’area euro e il pil resta ancora di 6-7 rispetto all’inizio della crisi.
Disocupazione ferma (e record di precari)
L’indicatore più controverso resta il mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione in Italia a ottobre era calcolato dall’Istat stabile all’11,2%, comunque l’indice più basso dal 2012. Se si fa il confronto con il 2016, il numero dei posti di lavoro è aumentato di 303.000 unità ma la spinta principale arriva dai contratti a tempo determinato che nel 2017 in Italia hanno raggiunto il record assoluto: 2 milioni e 784 mila unità. Anche in questo caso il panorama del mercato del lavoro è a «macchia di leopardo»: secondo Unioncamere le imprese denunciano difficoltà a reperire figure professionali di alto profilo (fino a uno su cinque) mentre nel segmento di età 15-24 anni la percentuale di disoccupati balza al 35,1%. Il tasso di occupazione complessivo (58,1% della popolazione) resta tra i più bassi della Ue.
Comsumi: «miglioramento, ma fragile»
Tutto questo come si traduce sulla spesa delle famiglie italiane? L’indicatore dei consumi di Confcommercio registrava ad agosto 2017 una crescita dello 0,8% su base annua . Un dato definito «in miglioramento ma fragile». Un’altra fonte, il rapporto Coop-Nomisma prevede per il 2018 un aumento del potere di acquisto delle famiglie dell’1%. Previsione corroborate ieri dall’ottimistico dato comunicato dall’Istat, in base al quale il reddito disponibile per le famiglie è mediamente cresciuto nel 2017 del 2,1%.
Si risveglia l’inflazione (ma non la busta paga)
Negli anni ‘70 e buona parte degli ‘80 lo spauracchio dell’economia italiana era l’inflazione che galoppava in doppia cifra; negli ultimi anni il timore degli economisti era stato di segno opposto, vale a dire che i prezzi si erano completamente raffreddati, «termometro» di una complessiva sfiducia sulle prospettive di crescita. Ora l’istituto di statistica segnala un risveglio dell’inflazione che in Italia toccherà il +1,2%, un dato che mancava da anni. Peccato che l’incidenza sulla busta paga sia ancora impalpabile: Eurostat comunica che nel 2017 lil costo del lavoro in Italia sia lievitato solo dello 0,5%, contro il 2,2 della Germania e l’1,7 della Francia. In fatto di miglioramento delle retribuzioni l’Italia resta il quart’ultimo paese d’Europa (davanti solo a Finlandia, Portogallo e Spagna
Claudio Del Frate
Corriere della Sera, 5 gennaio 2017