I, Pencil: The Movie

Questo è il mondo in cui viviamo….

Questa è un’ordinaria e famigliare matita di legno.

Potreste pensare che una matita è semplice…..

Ma solo perché è famigliare non significa che sia semplice.

Infatti, è complicata. Elaborata, bella, elegante.

La sua reale esistenza è anche inverosimile per qualsiasi persona che la comprenda veramente.

Queste sono le basi materiali per ottenere una matita:

Grafite. Legno di cedro. Metallo. Gomma.

Ma se avessi tutti e quattro i materiali della matita, proprio davanti a te, riusciresti a costruirla?

Non è così facile come tu possa pensare, infatti nessuna persona sulla faccia della Terra può farcela senza l’aiuto di altri.

E questa è la chiave per capire il mondo.

Una matita, esattamente come me e te, è il risultato finale di tantissime fusioni famigliari.

Una sinfonia di attività umane che ha espanso il mondo.

Lavorando con le proprie conoscenze, un vasto numero di persone ha testato ed inventato la semplice matita.

A differenza del tuo albero genealogico, questo inizia con alberi naturali.

L’antenato meno lontano della matita si trova in una boscaglia nel Pacific North West.

Ma anche i boscaioli che hanno raccolto la legna sono suoi antenati.

E questi uomini non lavorano da soli, sono assistiti da altre persone e industrie che producono le seghe e altri attrezzi che usano. ….

Ma il suo albero genealogico è più grande e molto più espanso.

La Grafite viene prodotta in Cina e in Sri-Lanka, nelle fabbriche di matite….

E lo stesso vale per la gomma per cancellare….

Ogni parte della matita è il risultato della collaborazione e cooperazione di milioni di persone.

Insieme hanno dato vita a  un processo che viene costantemente cambiato e adattato…

E c’è un fatto che è ancora più vantaggioso: l’assenza di un capo, di qualcuno che detti queste azioni che portano alla realizzazione di una matita …

Ogni membro di questo albero genealogico ha una piccola parte necessaria per finire ogni matita.

Ciò che vedete è il mercato al lavoro.

Questa configurazione creata dall’energia umana. Un milione di persone che offrno le loro capacità e talenti organizzandosi volontariamente in risposta alle necessità e ai desideri dell’essere umano.

Come se ci fosse una mano invisibile a collegare tutti questi fattori.

In ogni nostro secondo di vita beneficiamo dei progressi di questa volontaria e continua collaborazione.

Questo è il mondo di oggi, è miracoloso, intricato e migliora ogni giorno quando la gente è libera di comunicare …..

Traduzione di Mauro 3^ a eco

La maledizione dell’euro forte

eurissimoLa famosa «maledizione dell’euro» colpisce ancora. Nonostante la ripresa della sua economia sia fragile e il Fondo monetario internazionale preveda un ben magro tasso di crescita annuale del Pil – meno 0,4 per cento nel 2013 e più 1 per cento nel 2014 contro l’1,6 e il 2,6 per gli Stati Uniti – l’euro ha raggiunto il picco degli ultimi due anni contro il dollaro e si è rivalutato di circa il 10 per cento rispetto alle valute dell’insieme dei suoi partner commerciali.

Le ragioni sono molte. In parte, ma non solo, spiegate dalla incertezza sul futuro dell’economia Usa, provocata dalla caotica discussione sul debito pubblico negli Stati Uniti e dalla aggressività della politica monetaria giapponese. Ma la verità è che, qualsiasi cosa succeda altrove, appena la situazione comincia a migliorare la nostra moneta si apprezza. E infatti, nonostante le nostre prospettive di crescita siano modeste, il peggio sembra essere passato e, dalla seconda meta di quest’anno, i segnali di ripresa sono emersi in modo sempre piu convincente sia nel Sud sia nel Nord della zona euro.
Con una moneta forte le nostre merci all’estero sono più care (a meno che non si compensi l’effetto cambio con un taglio dei costi). Questo implica una perdita di competitività nel breve-medio periodo che potrebbe rallentare la crescita delle nostre esportazioni fuori dell’area euro, cioè in quelle economie che mostrano un maggiore vigore della domanda. …….

I Paesi della moneta unica hanno risposto alla crisi contraendo la domanda interna e, con più o meno successo, accrescendo la quota delle esportazioni sul Prodotto interno lordo (Pil). Nel 2013 il Fondo monetario stima che la zona euro nel suo insieme raggiungerà un surplus del 2,5 per cento del Pil. Chi ce l’ha fatta ha ottenuto risultati scommettendo sui mercati esteri, in particolare sui Paesi emergenti.

Nonostante queste osservazioni, un euro che a questo punto della congiuntura europea si rafforza ulteriormente è un fattore preoccupante che potrebbe mettere a rischio la ripresa…….

Con una domanda interna debole che con ogni probabilità rimarrà tale anche con la ripresa, il fattore trainante della crescita sono le esportazioni e in particolare quelle al di là dei confini dell’eurozona. Colpirle ora significa correre il rischio di perdere il treno della ripresa dell’economia mondiale e rendere molto più doloroso l’aggiustamento necessario all’assorbimento del debito……

…. l’euro forte esercita una pressione al ribasso sui prezzi in un contesto in cui l’inflazione, all’1,1 per cento, è così contenuta da far temere l’entrata in un regime di deflazione simile a quello vissuto dal Giappone negli ultimi vent’anni. La deflazione (la generale diminuzione di prezzi) agisce negativamente sul consumo: chi spende oggi se ci si aspetta che i costi saranno più bassi domani? Inoltre, accresce il peso reale del debito che, insieme alla bassa crescita, è un fattore di rischio per la sua sostenibilità. Come il Giappone insegna, una volta che la deflazione si innesta, è molto difficile liberarsene. Essa modifica i comportamenti dei consumatori e spinge l’economia verso la stagnazione. …..

http://www.corriere.it/cronache/13_ottobre_30/doveva-rompersi-ora-troppo-forte-c34c461e-4129-11e3-b893-6da25b6fc0fa.shtml

Nomi su tutto?

nutella spot 2013 con nome[1]Ha cominciato la Coca Cola a proporre lattine con i nomi di battesimo, poi a seguire la Nutella ha sfornato vasetti personalizzati. Immediatamente questo tipo di operazioni fidelizzano il cliente, come si dice nel gergo del marketing, ingenerando negli individui un piacevole senso di unicità, illudendoci magari che la nostra bibita sia migliore di quella del vicino di tavolo, che la cioccolata che spalmiamo sul nostro panino sia fatta meglio e sia più buona di quella contenuta in uno dei milioni di anonimi barattoli. …..

E   dopo i vestiti, le bibite, le auto, se ci venisse voglia di mettere il nome della proprietà su fidanzate e fidanzati? Giusto un esempio: se Dolores è fidanzata con Piero, sulla fronte di Piero dovrebbe comparire un tatuaggio con la scritta «Dolores», così che tutti sappiano che Piero è già impegnato; ma se Dolores lascia Piero, lui deve farsi cancellare il nome dell’ex almeno fino a quando non trova un’altra fidanzata, in quel caso può farsi fare un altro tatuaggio ma sulla guancia altrimenti non si leggerebbe nulla. Ci sono tipi che sono stati mollati e hanno cercato di fidanzarsi solo delle Dolores per non farsi imbrattare tutto il corpo dai tatuaggi.  

Non è che dietro a queste follie dei creativi si nasconde l’umanissimo bisogno di urlare al mondo il nostro nome? Del resto il Padreterno ha creato le cose, gli alberi, i fiori, gli animali, i mari e i monti, l’uomo e la donna, nominandoli. Tu mi evochi, io mi materializzo. Tu mi chiami, dunque sono. Tu mi desideri, quindi esisto! Vale per un Tu maiuscolo e anche per un tu minuscolo. 

Giaocomo Poretti

La Stampa

http://www.lastampa.it/2013/10/27/societa/voglio-i-fusilli-con-il-mio-nome-e-la-mia-firma-sulla-fidanzata-wewMX37Hbj6CEsql598lXJ/pagina.html

Traffico di organi tra verità e leggenda

C’è un viaggio peggiore di quello della speranza, fatto sui barconi, verso le nostre coste. È quello che porta in Pakistan, Turchia, Tunisia, Egitto, Iran, e in altri Paesi dell’Europa dell’Est, dell’America centrale o del Medio Oriente. Il viaggio per vendere una parte di sé: viaggio dei trapianti, dove il commercio è legale.

Anche tra i profughi in fuga verso Lampedusa e altre coste della Sicilia cresce il pericolo broker. L’allarme è ormai diffuso. È in agguato – prima o dopo la traversata – chi è pronto a offrire denaro in cambio di un rene o di una parte di fegato. Così, tra leggende metropolitane e storie reali e inimmaginabili, si consuma la disperazione più estrema. Già nel 2009, l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni parlò durante la presentazione del rapporto umanitario dell’Unicef di 400 bambini scomparsi proprio da Lampedusa. Notizia choc mai confermata, mentre è noto che accanto a Paesi dove comprare e vendere organi è legale, Pakistan, Mozambico e Moldavia sono crocevia anche di un mercato nero.

Quanto è soltanto leggenda metropolitana? «Un tempo – dicono il nefrologo Giuseppe Segoloni, e il collega Mauro Salizzoni, responsabile del centro trapianti di fegato della Città della Salute di Torino, primo in Europa per numero di interventi – si raccontava di ragazzi trovati anche in Italia sulle panchine dei giardini, mezzi intontiti, con una cicatrice fresca lungo il fianco. Oggi si parla di profughi partiti e mai arrivati che verrebbero uccisi, e utilizzati come macchine da organi». Storie impossibili, secondo i medici, ma la realtà non è molto diversa: «Attorno alla disperazione ci sono i procacciatori di organi». E se quelli sui barconi non sono rapimenti ma offerte o minacce per chi non può pagare, la sostanza non è molto diversa.

«Prelevare qualunque organo – spiega il professor Salizzoni – è un intervento chirurgico complesso che non si può certo fare in una sala operatoria creata in un sottoscala». Qualsiasi organo, dopo le analisi sulla compatibilità, deve essere prelevato a cuore battente, tenuto vivo in ospedale, e questo esclude l’ipotesi delle uccisioni dei clandestini per il traffico d’organi: «Le cliniche dove i trapianti avvengono legalmente e dove la compravendita non è un ostacolo sono note, e gli interventi fatti a regola d’arte. Nessuna comprometterebbe il proprio business con un traffico di cadaveri o di uomini, donne o bimbi rapiti», osserva Salizzoni.

Anche il commercio di organi viaggia naturalmente su Internet. Ma non è il caso dei disperati. Per loro il contatto avviene «in viaggio». Su Internet invece tutto si pianifica in poltrona: qui il prezzo è fatto da chi vende, e come per le offerte dei telefonini se porti un amico guadagni il 20 per cento in più sul tuo rene o parte del fegato venduti. Per i disperati no, il valore è deciso dai broker, prendere o lasciare, perché ci sarà sempre un disperato più disperato pronto a dare una parte di sé senza pretese: un rene comprato in Yemen viene pagato 5 mila dollari per essere rivenduto a 60 mila; in Cina pagato 15 mila e venduto a 47 mila e 500, in Israele comprato a 10 mila e venduto per l’impianto anche a 135 mila.

In Italia è vietato vendere o comprare organi, ma anche nel nostro Paese arrivano le offerte da oltre confine. I ……..

http://www.lastampa.it/2013/10/27/italia/cronache/incubo-trafficanti-di-organi-tra-verit-e-leggende-4iokrylasjuSDONJPBhEhI/pagina.html

Centottanta voltagabbana…

Centottanta «voltagabbana». Tanti sono i parlamentari che nella scorsa legislatura, la VXI, hanno cambiato gruppo di appartenenza, sono passati da un partito all’altro per i più svariati motivi. La maggior parte di loro ha lasciato il Pdl per approdare a «lidi» centristi, finendo col mandare in crisi il quarto governo Berlusconi, nonostante un altro nutrito gruppo, composto da quelli chiamati di volta in volta «responsabili» o «peones» abbiano fatto il percorso inverso per provare a salvare l’esecutivo …….

http://www.iltempo.it/politica/2013/10/25/180-come-de-gregorio-indagateli-tutti-1.1183646

Battaglia legale tra galletti

consorzio-chianti-classicoBattaglia legale fra galletti. L’Uami, l’Ufficio marchi comunitario, ha dato ragione al Consorzio del Chianti Classico nella controversia con la Federazione francese di rugby in merito all’uso del gallo, simbolo sia dell’universalmente noto rosso toscano sia della Francia e come tale esposto orgogliosamente sulle maglie della Nazionale.

Il punto del contendere, spiega Winenews, «era la registrazione del marchio sulle bevande alcoliche griffate che il rugby francese ha tentato di fare, e alla quale si è opposta il Consorzio chiantigiano». Ora è stata pronunciata la parola definitiva: sulle maglie del XV francese rimanga pure il galletto, ma se si parla di “beverage” l’unico gallo nero legittimo è quello del Chianti Classico. Nessuna confusione, almeno prima del brindisi.

http://mondovale.corriere.it/2013/10/24/il-galletto-del-chianti-batte-il-galletto-dei-francesi/

Winenews

http://www.winenews.it/news/32811/il-chianti-classico-va-in-meta-contro-la-nazionale-francese-di-rugby-luami-lufficio-marchi-comunitario-decreta-ufficialmente-la-notoriet-internazionale-del-gallo-nero-come-logo-enologico-e-collegato-solo-al-vino-chianti-classico

Il Consorzio

http://www.chianticlassico.com/

UAMI  – Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno

http://oami.europa.eu/ows/rw/pages/index.it.do

Lasciate spazio a chi sa fare

 E’ come un pesce che sta morendo perché l’acqua in cui vive si sta lentamente, ma inesorabilmente scaldando. ….. I responsabili della lenta agonia sarebbero una classe politica inadeguata …….. e quegli imprenditori che sopravvivono solo perché sussidiati dallo Stato, cioè dai contribuenti. Ma anche gli italiani avrebbero le loro colpe: si starebbero adagiando a chiacchierare con i loro innumerevoli telefonini, a guardare la tv, senza leggere neppure un libro all’anno.

È una descrizione dell’Italia molto deprimente, ma che purtroppo in qualche modo coglie nel segno. Altri dati, però, raccontano un Paese diverso. Quello più significativo è l’attivo della nostra bilancia commerciale, cioè il fatto che il valore delle nostre esportazioni supera quello delle importazioni. E non è solo per via della recessione che frena l’import. Le nostre esportazioni crescono: hanno raggiunto i 195 miliardi nel primo semestre di quest’anno, dieci in più dell’anno scorso. Manteniamo le nostre quote di mercato. Ci sono imprese, oltre la solita Luxottica, e in campi diversi, come Prysmian, Brevini, Mossi & Ghisolfi, che si sono adattate all’euro e hanno grande successo sui mercati internazionali. Imprese che ce la fanno, nonostante siano tartassate da imposte elevatissime. E non è, come scrivevamo il 6 ottobre, una divisione tra Nord e Sud. La differenza corre tra due tipi di Paese, tra aziende produttive e imprese decotte: ce ne sono di entrambi i tipi sia al Nord che al Sud. Rispetto al primo semestre dello scorso anno le esportazioni sono cresciute dell’11,3% in Puglia e del 10,7 in Toscana, mentre il Nordest è fermo.

Ma ad essere positivi ci sono anche altri elementi. Alcuni dei nostri licei fanno invidia a quelli del Nord Europa ed alle migliori high school inglesi e americane. Nei programmi di dottorato dei più prestigiosi atenei al mondo gli studenti italiani sono sempre tra i più bravi. Vi sono decine di giovani professori italiani con cattedre nelle prime università americane, medici negli ospedali più ambiti. Basterebbe solo un po’ di flessibilità e di meritocrazia per farli rientrare. Ma anche in Italia vi sono eccellenze universitarie. Un esempio, e non è l’unico, è l’Istituto italiano di tecnologia che sta facendosi un nome nel campo della ricerca scientifica e ha attratto a Genova scienziati italiani ma anche americani. C’è eccellenza anche nel settore pubblico: lo staff di economisti della Banca d’Italia è considerato uno dei migliori in assoluto fra tutte le banche centrali, compresa la Federal Reserve americana. I funzionari che al ministero dell’Economia gestiscono il nostro debito pubblico sono rispettati dagli investitori di tutto il mondo.

Un Paese in cui tutti sono mediocri, quello sì sarebbe senza speranza. Ma non è il caso dell’Italia. Per ricominciare a crescere basterebbe trasferire risorse ed energie dal Paese che non funziona a quello che cammina e spesso corre. Dobbiamo abbandonare il mito del «piccolo è bello», delle imprese familiari. Servono aziende che magari nascono piccole ma poi riescono a crescere, a competere nel mondo e a quotarsi in Borsa per non vivere di prestiti bancari elargiti con il contagocce. Servono imprenditori che sappiano assumersi i propri rischi e non siano sempre pronti a privatizzare profitti, nazionalizzare perdite e stazionare nei corridoi dei ministeri per ottenere sussidi e favori. Bisogna favorire il trasferimento di risorse umane e di capitali da imprese decotte (come Alitalia) a quelle che funzionano.

Dobbiamo avere il coraggio di mandare a casa i professori fannulloni per lasciar posto ai giovani, oggi costretti a rifugiarsi all’estero. Bisogna convincere i nostri figli che laurearsi a 27 anni in Scienza delle Comunicazioni difficilmente apre prospettive nel mondo del lavoro. E i sindacati devono convincersi che più flessibilità non significa meno, ma più lavoro, piu produttività e quindi salari più alti, e che difendere a tutti i costi anche i meno meritevoli danneggia i migliori e finisce per far stare tutti peggio. Bisogna abbandonare il «buonismo» e sostituirlo con un sostegno per chi è debole ma meritevole, per aiutarlo ad acquisire nuove professionalità e così rientrare nel mercato del lavoro. Sono possibili cambiamenti tanto radicali? Noi pensiamo di sì. Esempi ve ne sono. Negli anni Ottanta l’Irlanda era un Paese sull’orlo del collasso. Si diceva «L’ultimo che parte spenga la luce!». In pochi anni si è trasformata nella tigre d’Europa e, superata la crisi finanziaria, sta tornando ad esserlo. Alcuni Paesi dell’Est europeo hanno reagito a situazioni ben peggiori della nostra: un’economia e una società devastate da mezzo secolo di «comunismo reale». In pochi anni sono rinati e sono all’avanguardia in molti campi.

Ma per fare tutto ciò serve un grande sforzo comune che cominci dalla classe dirigente. Quando vediamo un governo che discute per mesi su come cambiare il nome di un’imposta (l’Imu) significa che questa classe politica ha perduto la percezione di quanto grave sia la situazione, e non ha una visione su come invertire la rotta. A essere convinta però non deve essere la sola classe dirigente, ma tutti noi

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

Corriere della Sera 24 ottobre 2013

http://www.corriere.it/editoriali/13_ottobre_24/lasciate-spazio-chi-sa-fare-editoriale-alesina-giavazzi-d09722f2-3c75-11e3-b96f-84c91179c77b.shtml

Solo la Grecia ha più debito

Solo la Grecia ha superato l’Italia nella lista dei Paesi Ue con un debito pubblico da record. Nel secondo trimestre del 2013, il debito del nostro Paese è infatti salito al 133,3 per cento, in crescita di tre punti percentuali rispetto ai primi tre mesi dell’anno quando era al 130,3%.

Secondo Eurostat è comunque lo stato ellenico a conquistare il primato con il 169,1% e con uno dei maggiori incrementi tra il primo e il secondo trimestre di quest’anno.

Il debito pubblico italiano  nel secondo trimestre 2012 era di 1.982.898 milioni di euro, pari al 125,6 % del Pil, nel primo trimestre di quest’anno era di 2.035.833 milioni, al 130,3%, mentre nel secondo trimestre è arrivato a 2.076.182 milioni, ovvero al 133,3%. 

Dopo Grecia e Italia, gli altri debiti pubblici più ingenti della zona Euro in percentuale di Pil sono il Portogallo, con un 131,3% e l’Irlanda, con un 125,7%.

http://www.lastampa.it/2013/10/23/economia/eurostat-italia-debito-da-record-seconda-solo-alla-grecia-nDNFq7kssQByHYjatN7AKN/pagina.html

EUROSTAT

http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home

 

Gardaland quotato a Londra

gardalandGardaland, il parco divertimenti tra i più famosi e visitati d’Europa, verrà quotato alla borsa di Londra insieme alle altre 97 strutture proprietà della Merlin Entertainments, colosso mondiale del divertimento (secondo solo a Disney) con sede in Inghilterra.

La Merlin, che ha acquistato Gardaland nel 2006 e lo gestisce direttamente insieme ad   altre importanti strutture come il Chessington World of Adventures (Regno Unito) o l’Heide Park (Germania) è una società da  5 miliardi di euro, i cui principali azionisti  sono la Kirkbi (36%) ed i fondi di private equity Blackstone Group (34%) e Cvc Capital Partners ( 28%). Sono loro che da novembre hanno deciso di mettere sul mercato il 20% delle loro azioni, metà delle quali  saranno destinate ai piccoli risparmiatori, ai quali saranno riservati sconti del 30% sul pass annuale valido in tutte le attrazioni del mondo.  L’obiettivo è raccogliere liquidità per far fronte ad un  debito  di 1,2 miliardi di sterline. Corposo ma da mettere in relazione con un fatturato  pari a 2,25 miliardi di sterline.

http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/economia/13_ottobre_22/gardaland-verra-quotato-borsa-londra-merlin-entertainments-fondo-blackstone-15fee688-3af8-11e3-95f2-9a7a296f615f.shtml

LA BORSA DI LONDRA

http://www.londonstockexchange.com/home/homepage.htm

MERLIN

http://www.merlinentertainments.biz/